Albarello



Domenego de Dona di Bethi detto Mastro Domenico da Venezia

Venezia, 1520/25 – 1569/74

Materiale: Decorata a granfuoco

Misure: Altezza 38 cm

scheda critica a cura di gherardo turchi

Antico albarello di grandi dimensioni in maiolica decorata a gran fuoco. Di corpo cilindrico, con piede e collo rastremati e bocca estroflessa, l’albarello appartiene a quella produzione proveniente dalla bottega di Mastro Domenico da Venezia, al secolo Domenego de Dona di Bethi, attivo nel terzo quarto del XVI secolo. Nato tra il 1520 e 1525, come citato dal Concina nel 1975, Domenico sembra abbia appreso l’arte della lavorazione della maiolica all’interno della fiorente officina veneziana di Iacopo da Pesaro, avendone sposato la figlia nel 1546. Questo aiuta a spiegare il perché alcune suo opere firmate nel breve periodo tra il 1562 ed il 1568, talvolta specifichino l’ubicazione della sua officina nei pressi di San Polo.

La produzione matura di Domenico appare caratterizzata dall’abbandono pressoché totale dell’uso del disegno a favore, invece, di brillanti contrasti cromatici ottenuti attraverso una sapiente ombreggiatura che dà corpo alle forme. Nella sua tavolozza prevalgono il giallo nelle sue diverse gradazioni, dal cupo ocra al paglierino, il verde e l’azzurro intenso. Perfettamente coerente con la tradizione pittorica veneziana, D. concepisce il paesaggio come completamento alle figure, che risultano quasi sempre immerse nell’ambiente senza soluzione di continuità. Frequenti sono le decorazioni nel verso, accompagnate da lunghe iscrizioni relative al tema dell’episodio narrato, in qualche caso dalla data, dalla firma e dall’indirizzo della bottega. Secondo Alverà Bortolotto (1981), la prima maniera trova le sue radici nell’ornato tradizionale a trofei, che solo in seguito lascia spazio ad elementi floreali più personali e all’istoriato vero e proprio: al Nostro attribuisce un piccolo piatto (Londra, Victoria and Albert Museum), istoriato nel cavetto con un amorino, dalla tesa decorata a trofei policromi e recante in un volume aperto la data 1557. Tale riferimento appare del tutto convincente se si confronta la più antica opera firmata e datata: un vaso a palla conservato al Museo nazionale di Messina, ritenuto dal Liverani (1962) un prezioso documento per stabilire l’origine veneziana dell’ornato sulla fascia della spalla. Presso lo Herzog Anton Ulrich-Museum di Brunswick sono custoditi alcuni tra i pezzi autografi di maggior rilievo.

Alla produzione più tarda di Domenico vengono comunemente riferiti grandi albarelli, come quello in studio, o vasi a palla nella tipica decorazione a fiori e foglie su fondo blu e medaglioni con busti o profili spesso di santi o profeti. Si tratta di una tipologia che pur nelle molteplici varianti è presente in quantità ingenti in quasi tutte le collezioni pubbliche d’arti decorative italiane ed all’estero: oltre che nel museo di Brunswick è ben rappresentata anche nelle raccolte di Stoccarda, Monaco, Vienna, Kassel, Weimar, Berlino, Londra, Parigi, Limoges e Sèvres.

Mastro Domenico, secondo un’ipotesi del Concina che ha consultato i registri dei morti della parrocchia di S. Polo senza trovare l’indicazione del decesso, dovrebbe essere morto tra il 1569 e il 1574, termini determinati dall’assenza di opere firmate e datate posteriori al 1569 e dal fatto che tali registri hanno inizio dal 1575.

Domenico da Venezia fu uno dei massimi esponenti della produzione veneziana di maioliche Cinquecentesche, come detto ben documentata da svariate opere riccamente decorate con fiori, frutti, fogliami, cartigli e medaglioni con volti, busti e santi. Tali caratteristiche, insieme ad altri elementi che contraddistinguono la produzione di Domenico da Venezia, sono ben visibili anche in questo splendido albarello che, ad oggi, mantiene intatta tutta la sua brillante policromia. L’intera superficie del vaso è dipinta con una decorazione a fiori e fogliami su un fondo blu intenso, dal quale spiccano fiori piatti simili a margherite – con cinque o sei petali bianchi che si snodano intorno a un bottone centrale giallo e azzurro – tipici delle creazioni di Domenico da Venezia. La decorazione floreale è interrotta solo da un grande medaglione, incorniciato da un cartiglio a scartoccio, al cui interno è raffigurata Sant’Agata illuminata dalla luce della trascendenza, espressa da Domenico attraverso i morbidi raggi in giallo profondo. Superando quasi il disegno, il Nostro riesce a conferire alla figura della Santa una corposità fluida grazie al sapiente uso del colore, utilizzando un gioco di contrasti e ombreggiature. Nelle sue maioliche è racchiusa tutta la tradizione del colore veneziano, come nelle opere di Andrea Schiavone, al quale è affine per il vivace cromatismo e l’esuberante immaginazione.

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