Alessandro Magno ordina l’assalto a tiro



Arazzieri delle fiandre

Bruxelless, primo quarto del XVII Ssecolo

Materiale: Lana e seta

Misure: 520 x 275 cm

SCHEDA CRITICA A CURA DEL DOTT. NELLO FORTI GRAZzINI

Si tratta di una bella, vivace tappezzeria fiamminga di epoca tardo-rinascimentale, realizzata con trama di squillante e varia cromia, dominata da tinte verdi, blu, rosse, gialle, arancio, brune.

Protagonista della scena nella campitura centrale, in piedi a sinistra sul primo piano, è un antico sovrano, coronato, che indossa un’armatura e un manto blu broccato d’oro; impugna e solleva con la mano sinistra il bastone del comando, mentre tende la destra verso l’elmo e lo scudo, ornato con un leone rampante, che gli sono recati da un giovane scudiero nero. Gli stanno accanto alcuni soldati in assetto di guerra e armati di lance, uno dei quali regge per il morso il cavallo del re. Il resto della scena mostra un furibondo assalto a una città, irta di torrioni, campanili, cupole, affacciata sulla riva di un golfo marittimo, attaccata da terra e dal mare dall’imponente esercito del monarca. Navi cariche di truppe puntano sul borgo navigando tra onde bianche; fanti e cavalieri muovono alla carica lungo la riva, costituendo una fitta e animata compagine che muove da destra, lungo l’asse orizzontale mediano del riquadro, per poi piegare in profondità verso l’arco d’ingresso della città nemica; qui convergono anche altri soldati provenienti da un accampamento militare visibile a sinistra. Brulicante di un’infinità di elementi figurativi – figure, costumi, armi e cavalli -, la scena è ulteriormente arricchita dal trofeo di armi sul primo piano e dalle mille piantine fiorite, gialle su fondo verde, distribuite sull’esuberante proscenio; nello sfondo si vedono filari di piccoli alberelli dalla chioma sferica e colline sormontate da picchi rocciosi.

L’arazzo doveva essere parte di una serie dedicata alle Storie di Alessandro Magno, l’antico sovrano macedone le cui virtù, imprese militari e altre mirabolanti avventure narrate da svariate fonti antiche e medievali fornirono materiale iconografico per numerosi cicli di arazzi intessuti in Nord-Europa dal XV secolo in poi, ogni qual volta vi fosse la necessità di fornire agli acquirenti delle tappezzerie exempla grandiosi di moralità e di trionfo militare, da sfruttare quali metafore celebrative. La scena illustrata – non ben identificata neppure in relazione con le repliche di cui diciamo più sotto – è precisamente la conquista della città fenicia di Tiro, qual è descritta da Plutarco nelle Vite parallele, Vita di Alessandro Magno, 24-25. Come narra Plutarco, la città fu stretta d’assedio da Alessandro per sette mesi, sia da terra sia dal mare, con duecento triremi. L’assalto finale, improvvisato ma efficace, fu frettolosamente ordinato dal re dopo che l’indovino Aristandro ne ebbe predetto il fasto esito, purché venisse effettuato quello stesso giorno. E l’arazzo mostra appunto un attacco terrestre e marittimo a una città costiera, com’era Tiro, comandato da un sovrano che non sembra avere avuto precedentemente il tempo di indossare le armi e che ha accanto a sé, oltre ai soldati e agli scudieri, un “consigliere” anziano, barbuto, a capo scoperto e disarmato, che leva un dito ammonitore, da identificare con l’indovino Aristandro.

La brillante bordura, ricolma ovunque di minuti elementi vegetali, presenta anche scenette bibliche e figure allegoriche distribuite entro minute cornici, o caselle architettoniche costituite da piccole erme o colonne sormontate da architetti o pergole. Al centro dei lati, entro ovali o tondi, vi sono piccole scene con figure, malamente identificabili: rappresentano forse, in alto e in basso, il Sacrificio di Isacco, la Nascita di Sansone a sinistra e Tobia e l’angelo a destra. Tra le quattro personificazioni femminili sedute lungo ciascuno dei fregi orizzontali (replicate uguali nel superiore e nell’inferiore) si riconoscono, sulla destra, la Fede con una piccola croce e la Carità che solleva una fiaccola; quelle sulla sinistra potrebbero essere la Temperanza con una coppa (?) in ciascuna mano e Flora con un mazzolino di fiori. Nei lati verticali sono collocate, in alto su quello destro, Giuditta con la spada e la testa mozzata di Oloferne, e, in posizione corrispondente nel sinistro, forse, la Forza con un fusto di colonna (?) sotto il braccio. Negli angoli inferiori sono ben riconoscibili le scenette di Susanna al bagno spiata dai due vecchioni, a sinistra, e il Bagno di Betsabea a destra. Un puro valore riempitivo hanno altre figurette quali geni e sirene; singolare la presenza, presso gli angoli inferiori, di coppie di amorini che cavalcano tartarughe e sfingi con corpo di leopardo. Scene e figure della bordura non sembrano instaurare alcun preciso rapporto semantico col tema storico della campitura centrale, ma rinviano, come specificheremo, a un repertorio di motivi abbastanza diffusi nelle cornici degli arazzi fiamminghi tessuti verso il 1600: l’arazziere ha insomma rifinito il soggetto storico con una bordura di vivace effetto decorativo il cui modello, verosimilmente, era disponibile nella sua manifattura. Ad una cronologia verso i primi anni del XVII secolo orienta preventivamente anche lo stile figurativo della scena storica, di gusto classico, efficace sul piano narrativo quanto pullulante di dettagli decorativi, ma priva di monumentalità, tendente a un gusto miniaturistico, come spesso si riscontra negli arazzi fiamminghi del Tardo–Rinascimento, privi della plasticità e della magniloquenza che contraddistinguono le tappezzerie anteriori e italianizzanti del pieno Cinquecento, come quelle immediatamente posteriori di ambito barocco e rubensiano.

La determinazione della cronologia e della manifattura d’origine dell’arazzo, che non è mai stato studiato, non può avvalersi del sussidio di una marca o di una firma, di cui il panno è sprovvisto; non si hanno per altro informazioni sulla storia anteriore dell’opera, nota al sottoscritto soltanto dal 1995, ma già sul mercato antiquario. Fondamentalmente è dunque l’accostamento ad altri arazzi che consentono di ricostruire almeno parzialmente la serie specifica e il ciclo figurativo di Alessandro Magno di cui era parte.

Fa gruppo anzitutto col panno qui descritto, ed era parte della stessa serie, un altro arazzo (cm. 285 x 385), di identico stile figurativo e corredato di uguale bordura (mutano soltanto le scenette entro ovali e tondi), che raffigura il Trionfo di Alessandro Magno: privo anch’esso di marche, è appartenuto alla ditta antiquaria Vigo-Sternberg (Londra) ed è stato posto in vendita da Sotheby’s, Londra, il 29 febbraio 1996, n. 17 (dubitativamente interpretato nel catalogo d’asta come un episodio della “Storia di Ciro” e descritto come “Flemish, probably Antwerp, late 16th Century”; passava, presso Vigo-Sternberg Galleries, come una “Storia di Scipione”). Alessandro è qui a cavallo, col bastone del comando in una mano, davanti a soldati appiedati che gli presentano un ricco bottino di armi, vasi e scrigni: forse quello che, secondo Plutarco, fu conquistato dai Macedoni con la presa di Susa, capitale dell’impero persiano; nello sfondo si vedono i soldati macedoni che rapiscono donne o trasportano i tesori razziati.

Vi sono poi due arazzi che ripropongono la stessa scena dell’Assalto a Tiro, entrambi inseriti entro più ampie serie, tramite le quali si identificano altri episodi del ciclo di Alessandro Magno che qui ci interessa. In entrambi i casi l’Assalto di Tiro è però raffigurato in controparte speculare rispetto all’arazzo qui studiato, come anche si ripresenta in controparte, nei panni collegati, l’episodio del Trionfo di Alessandro Magno rispetto alla versione già Vigo-Sternberg.

Il primo Assalto a Tiro appartiene alla grandiosa raccolta di tappezzerie della Corona di Svezia, dove entrò verso il 1680-1690, sotto re Carlo XI, come parte di una serie di otto arazzi di Bruxelles acquistati dalla collezione del defunto governatore Balthasar Gyldenhoff (cfr. J. Böttiger, Svenska Statens Samling af väfda tapeter, Stockholm 1898, III, p. 19, tav. III, genericamente intitolato “Scena di guerra”): rispetto al nostro Assalto a Tiro, questo è di maggiori dimensioni (cm. 345 x 585) ed è rifinito con una bordura diversa (con personificazioni femminili negli angoli, la personificazione di un Fiume al centro del lato superiore, piccoli satiri distribuiti lungo i lati orizzontali). È corredato dalla marca di Bruxelles e dalla marca dell’arazziere Jacob I Geubels (not. dal 1585 – m. 1605). Altri cinque elementi della stessa serie sono ancora in Svezia, nel Castello di Skokloster: li ha pubblicati lo stesso Böttiger, ma senza rilevarne il collegamento con l’arazzo della raccolta reale (cfr. J. Böttiger, Tapisseries a figures des XVIe et XVIIe sieclès appartenant à des collections privées de la Suède. Inventaire déscriptif, Stockholm 1928, pp. 27-33, nn. 20-24, tavv. 20-23; cfr. anche Tapeter pa Skokloster, Stockholm 1986, pp. 20-21, tav. 10). Presentano anch’essi le marche di Bruxelles e, in parte, la sigla di Jacob I Geubels, ma anche altre due sigle d’arazziere, una delle quali compete a Catharina van den Eynde, vedova di Geubels, che dopo la morte del marito diresse la sua manifattura: il che fa datare questi arazzi subito prima e subito dopo il 1605, anno della morte dell’arazziere. Böttiger identifica negli arazzi episodi relativi a diversi sovrani dell’antichità e intitola la serie Storie di Ciro, di Alessandro ecc.. Uno degli arazzi raffigura effettivamente Ciro che dona la libertà agli Ebrei (Böttiger 1928, tav. 21), riproponendo un modello presente in una celebre Storia di Ciro da cartoni di Michiel Coxcie (editio princeps a Madrid, Patrimonio Nacional): è probabile che fosse un soggetto estraneo al gruppo dei cartoni originari, forse accostato alle Storie di Alessandro Magno per la necessità di ampliare il ciclo e tenendo conto della comune ambientazione “persiana” delle vicende di Ciro e di Alessandro. Uno raffigura Alessandro magno davanti a Bucefalo (Böttiger 1928, tav. 23); un altro il Trionfo di Alessandro Magno, in controparte rispetto alla redazione già Vigo-Sternberg (Böttiger 1928, tav. 22, come “Ciro riceve doni dai Lidii”); c’è poi una Scena di battaglia nella quale è coinvolta anche una figura femminile, che raffigura probabilmente uno degli scontri tra l’esercito di Alessandro e quello di Dario (Böttiger 1928, tav. 20, come il “Ratto di Elena”). L’ultimo arazzo, non riprodotto da Böttiger ma da lui descritto, mostrerebbe un sovrano in trono cui un più anziano personaggio inginocchiato tende una corona e due chiavi: può illustrare l’episodio della Corona di Persia offerta ad Alessandro Magno, ma si può segnalare che una scena analoga è presente in un arazzo del Museum der Stadt di Regensburg come un episodio di “Scipione”.

La seconda altra redazione dell’Assalto a Tiro è invece parte di una serie di sei panni con Storie di Alessandro Magno, siglati con le marche di Bruxelles e coi monogrammi dell’arazziere brussellese Cornelius Mattens (attivo nel 1580-1640); sono appartenuti alla celebre collezione veneziana dei conti Donà dalle Rose (forse con provenienza dai Sagredo)  e sono ora esposti nel Castello di Monselice (cfr. G. Lorenzetti, L. Planiscig, La collezione dei Conti Donà dalle Rose a Venezia, Venezia 1934, pp. 70-71, nn. 345-350, figg. 107-108, come “Storie di Cesare” o altro soggetto storico antico; N. Barbantini, Il castello di Monselice, Venezia 1940, pp. 158-161). Le bordure, pur differenti rispetto a quella del nostro Assalto a Tiro, presentano elementi comuni, quali le scenette con Susanna al bagno e il Bagno di Betsabea, presso amorini a cavalcioni di tartarughe e sfingi, negli angoli inferiori.

La scena dell’Assalto a Tiro già Donà dalle Rose (Lorenzetti-Planiscig 1934, n. 347, fig. 108; misura cm. 360 x 590) è un’esatta replica della redazione della collezione reale svedese ed è in controparte rispetto alla redazione qui studiata. Gli altri soggetti a Monselice sono il Trionfo di Alessandro Magno (Lorenzetti-Planiscig, n. 346; in controparte rispetto alla versione già Vigo-Sternberg), la Scena di battaglia già segnalata a Skokloster (Lorenzetti-Planiscig, n. 348), la Corona di Persia offerta ad Alessandro (Lorenzetti-Planiscig, n. 349), un frammento con Alessandro Magno in piedi (?), e una scena fin qui non considerata: l’Incontro di Alessandro con Talestri regina delle Amazzoni (Lorenzetti-Planiscig, n. 345, fig. 107).

Di quest’ultimo episodio esiste un’ulteriore replica, verosimilmente tessuta a Bruxelles, corredata di diversa bordura, passata in asta a Parigi, Drouot-Richelieu, M.es Laurin-Guilloux-Buffetaud-Tailleur Commissaires-Priseurs Associès, 21 dicembre 1992, n. 120: questa tappezzeria implica che sia esistita almeno un’ulteriore redazione delle Storie di Alessandro Magno di cui ci occupiamo. Va poi segnalato un arazzo che presenta un gruppo di donne inginocchiate davanti a un generale incoronato d’alloro, che può dunque rappresentare La famiglia di Dario davanti ad Alessandro Magno, già della Saint James Episcopal Church a New York, posto in vendita da Sotheby’s, New York, il 31 maggio 1995, n. 123; coevo rispetto al nostro Assalto a Tiro, ha anche una bordura abbastanza simile (vi ricorrono le stesse scenette e figure di Susanna, Betsabea, Giuditta e Temperanza (?)). L’accostamento alle serie menzionate non è però certo, in quanto lo stile figurativo è più statico e perché l’interpretazione iconografica non è sicura: la stessa scena, presenta un arazzo di Bruges, è stata interpretata anche come un episodio di una “Storia di Scipione” (cfr. G. Delmarcel, E. Duverger, Bruges et la tapisserie, cat. mostra, Bruges-Mouscron 1987, pp. 238-239, n.15).

Come si è visto, dunque, l’Assalto a Tiro è una scena di un ciclo di Storie di Alessandro Magno più volte trascritto ad arazzo: due redazioni – le serie in Svezia e a Monselice – sono state sicuramente realizzate a Bruxelles attorno al 1605. Si deve però osservare che, per la resa più monumentale ed espressiva rispetto all’Assalto a Tiro qui schedato, le redazioni della stessa scena e i connessi episodi di Alessandro Magno in Svezia e a Monselice rivelano uno stile ancora pienamente rinascimentale, grandioso ed espressivo, affine a quello che caratterizza la serie del Pieno Rinascimento tratte da modelli di Michiel Coxcie: pur tessute nei primi anni del XVII secolo, queste serie si basano evidentemente su cartoni anteriori, del 1560-1570 ca., ancora disponibili trenta-quarant’anni più tardi per gli arazzieri di Bruxelles (Jacob I Geubels, Catharina van den Eynde, Cornelius Mattens). Il nostro Assalto a Tiro e il connesso Trionfo di Alessandro già Vigo-Sternberg si basano invece su cartoni ridipinti, con gli stessi gruppi figurali riproposti uguali ma di minori dimensioni, con figure più minute e dettagli naturalistici e paesistici ridisegnati, e in controparte rispetto alle versioni anteriori; il rifacimento dei cartoni può essere stato causato dalla rovina dei modelli precedentemente usati, o dal fatto che questa serie di Alessandro Magno non è stata tessuta a Bruxelles.

Cronologicamente collocabile verso il 1600-1615, il nostro Assalto a Tiro potrebbe dunque essere assegnato a una manifattura di Bruxelles, per l’origine brussellese delle altre redazioni della serie, per il vigore cromatico dell’arazzo, nonché per i motivi ornamentali utilizzati nella bordura, che si riscontrano su varie serie di arazzi brussellesi eseguite attorno al 1600. Limitandoci alle scenette angolari inferiori di Susanna e Betsabea con gli attigui amorini a cavalcioni di tartarughe e sfingi, ritroviamo gli stessi motivi – identici o leggermente variati – entro arazzi brussellesi firmati da Cornelius Mattens (Storie di Alessandro Magno a Monselice; Storie di Scipione a Regensburg, Museum der Stadt; Giardino con figure mitologiche a Kronborg, Castello di Elsinore), da Martin Reymbouts (Storie di Troia già in collezione privata svedese), da Jacob I Geubels (Meraviglie dell’antichità) o da altri arazzieri non identificati (Storie di Pomona a Genova, Museo di Palazzo Bianco: per i riferimenti bibliografici, cfr. P. Boccardo, in Il giardino di Flora, natura e simbolo nell’immagine dei fiori, cat. mostra, Genova 1986, pp. 26-30, n. 6). Va però sottolineato il fatto che gli stessi motivi ornamentali, copiati da modelli brussellesi, si ritrovano però anche nelle cornici di altri arazzi coevi sicuramente tessuti in un’altra città fiamminga, non lontana da Bruxelles, in cui ferveva l’industria degli arazzi: Oudenaarde. Lo rivelano due arazzi con episodi di Storia romana già a Norimberga, Germanisches Nationalmuseum (cfr. H. Göbel, Wandteppiche. Die Niederlande, Leipzig 1923, II, tav. 443), o un episodio di una Storia di Scipione e Annibale a Parigi, Musée du Petit Palais (cfr. I. De Meuter – M. Vanwelden, Tapisseries d’Audenarde du XVI eau XVIIIe siècle, Tielt 1999, pp. 183-184 e fig.). Quest’ultimo arazzo, che reca la marca di Oudenaarde, oltre alle scenette angolari con Susanna, Betsabea, i puttini su tartarughe e sfingi, presenta inoltre, nell’angolo superiore sinistro della bordura, una personificazione della Forza identica a quella, in uguale posizione, nel nostro Assalto a Tiro, cui l’accomunano anche i dettagli naturalistici e paesistici del proscenio e dello sfondo, nonché la cromia (pur sbiadita nell’arazzo a Parigi).

Queste constatazioni costringono a una certa circospezione nello stabilire, in assenza di marche, la città d’origine dell’Assalto a Tiro qui studiato, la cui cronologia verso il 1600-1615 e la cui origine fiamminga sono fuori discussione, come la matrice brussellese del ciclo figurativo di cui è parte; l’arazzo potrebbe essere stato materialmente eseguito a Bruxelles, ma anche in una manifattura di Oudenaarde dove, nei primi anni del XVII secolo, si imitavano in qualche caso scene e bordure delle tappezzerie brussellesi, probabilmente per “elevare” il tono mediamente più convenzionale degli arazzi di quel centro e per entrare in concorrenza con le manifatture della capitale.

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