Tavolo parietale



Francesco Morini

Firenze, 1822 – 1899

Materiale: Legno intagliato e dorato con piano in pietre dure

Misure: L 177 x P 84 x A 105 cm

scheda critica a cura di gherardo turchi

Originalità e esclusività sono la quintessenza dell’antiquariato in ogni sua forma: quando poi si declina agli arredi e alle arti decorative allora può produrre piccole e grandi meraviglie di buongusto. È questo il caso della consolle in esame, realizzata con maestria e dovizia di particolari dallo scultore fiorentino Francesco Morini.

Nato a Firenze nel 1822, il Morini si formò all’interno delle botteghe granducali attive all’epoca nella città, solitamente asservite alla nobiltà ed alla politica, allora estremamente sentita nei palazzi del potere. Ben presto Francesco aprì una sua bottega divenendo punto di riferimento per quanti, politici, borghesi e nobili, volessero decorare i propri palazzi con opere d’intaglio e scultura lignea.

Alla sua bottega, al cui interno lavorò per lungo tempo anche il Barbetti, vennero affidati i lavori per l’arredo di alcuni tra i più importanti palazzi della nobiltà; tra i tanti incarichi il Morini realizzò, sotto stretto progetto dell’architetto Poggi, l’allestimento di alcuni ambienti di Villa Favard sul Lungarno, di proprietà della baronessa Fiorella Favard de l’Anglade, attualmente sede del Polimoda. Nello specifico va attribuita al Nostro la paternità dell’intero arredo del Salone da Ballo, tra i cui elementi decorativi spicca il maestoso lampadario a centododici luci e gli otto appliques en suite a quest’ultimo.

Al Morini ed alla sua bottega si devono altri numerosi arredi presenti nei palazzi del potere fiorentino quali la rielaborazione della Sala del Trono di Palazzo Pitti, completamente rivisitata nel corso del periodo in cui Firenze fu capitale d’Italia. Fu infine il Morini, nello stesso periodo, a realizzare i meravigliosi candelabri per il Tempio Israelitico fiorentino, a tutt’oggi sempre conservati nel medesimo luogo.

Eletto Accademico Onorario nel 1870, Francesco Morini continuò il suo lavoro fino alla morte, che sopraggiunse nell’anno 1899, lasciando la sua eredità alla città che lo apprezzerà quale sublime artista anche nel corso dei secoli futuri.

Proprio alla produzione del Morini adulto appartiene il grande tavolo parietale in esame nel quale si evince un artista sicuro di sé e padrone del mestiere dell’intaglio. I putti reggipiano racchiudono uno studio prospettico ed anatomico tipico della formazione accademica avanzata del Nostro, come pure i rameggi ed i fogliami che adornano l’intera opera risultano scolpiti come una trina. Il tavolo presenta inoltre al centro, sotto la fascia, lo stemma della nobile famiglia fiorentina Capponi, dalla quale fu certamente commissionata e per la quale il Morini la pose in opera.

Infine il piano risulta realizzato con materiali particolarmente pregiati; la scelta dell’ametista e del diaspro di legno fossile, del quale si notano le sezioni tagliate a fetta, incorniciati da nero del Belgio, denotano senza il minimo dubbio la capacità del Morini di realizzare complessi complementi d’arredo con commistioni di materiali preziosi, arrivando a sfiorare il paragone con la nobile arte della gioielleria. 

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