Scena costiere Tassi



Agostino Tassi

Ponzano Romano, 1580 ca. - Roma, 1644

Scena costiera con imbarcazioni e figure

Scena costiera con imbarcazioni e figure

Materiale: Olio su tela

Misure: 137 x 71 cm

Scheda critica a cura del prof. sandro bellesi

I dipinti, in ottimo stato conservativo, mostrano, con intenti ricchi di lirismo narrativo, due scene costiere nelle quali sono visibili, entro ameni sfondi paesistici caratterizzati da ampi cieli lattei e da scorci di mari dalle acque azzurre lucide e trasparenti, imbarcazioni di vario tipo, ormeggiate vicino a onirici promotori o in fase di costruzione. Una luce algida e quasi rarefatta pone magneticamente in risalto la gradevolezza interpretativa degli episodi, dove campeggiano figure di marinai o di costruttori navali quasi bloccati in istantanee fotografiche che pongono magistralmente in risalto l’enfaticità delle pose, acuite, in modo mirabile, dai tocchi rapidi delle pennellate, ricche di colori smaltati. La cura analitica, evidente nella descrizione paesistica, pone suggestivamente in risalto la perfetta scansione prospettica delle scene, digradanti verso nebulosi promotori, quasi avvolti da una soffice foschia, sottostanti spazi atmosferici immensi, solcati, in un caso, da uccelli marini librati verso l’alto.

La particolarità descrittiva, l’intonazione cromatica, l’analitica definizione ambientale e, ancora, la resa rapida e schizzata delle figure inducono ad assegnare convincentemente le due opere al catalogo autografo di Agostino Tassi, figura di punta nell’ambito della pittura paesaggistica italiana della prima metà del Seicento.

Nato a Ponzano Romano intorno al 1580, il Tassi, trasferitosi in giovanissima età a Roma dove ebbe agio di essere introdotto allo studio della pittura e a “disegnare di suo talento…fabbriche e paesi (G.B. Passeri, Vite de’ pittori, scultori e architetti, Roma, 1673, ed. a cura di J. Hess, Leipzig-Wien, 1934, p. 117), completò la sua formazione a Firenze, città nella quale, giunto poco oltre il 1595, entrò in contatto con Giulio Parigi, attraverso il quale ebbe modo di perfezionarsi nello studio della prospettiva e del paesaggio, campi primari della sua ricerca. In Toscana si dedicò essenzialmente allo studio delle marine e indirizzò gran parte dei suoi interessi a “disegnare Vascelli, Navi, Galere, Porti, borasche, pescaggioni, e simili accidenti di Mare” (G.B. Passeri, op. cit., p. 117), avvicinandosi, in tal senso, al linguaggio di maestri locali come Remigio Cantagallina e Pietro Ciafferi. Dopo la parentesi toscana, conclusasi nel 1610, si recò a Genova e nuovamente a Roma, dove collaborò, in un primo tempo, con Ludovico Cardi, detto il Cigoli. Significativa dell’attività romana di questo periodo risulta l’allocazione di alcune pitture prospettiche nel Casino delle Muse nel palazzo di Scipione Borghese, oggi Pallavicini Rospigliosi, dove operò, tra il 1611 e il 1612, con il figurista Orazio Riminaldi. Da questo momento il pittore dette il via a una serrata attività, svolta nell’ambito delle decorazioni dei palazzi cittadini e nell’esecuzione di composizioni su tela di soggetto prevalentemente marino o paesistico. Frutto di quanto detto appaiono soprattutto alcune sale affrescate nel Casino di Villa Ludovisi, in palazzo Chigi Odescalchi e nel palazzo Doria Pamphilj, dove l’artista eseguì, entro raffinate cornici ornamentali, suggestivi scorci di paese, raffiguranti, in gran parte, vedute con corsi d’acqua e spazi marini. Attratto dalle pitture di Filippo Napoletano, di Claude Lorrain e di Adam Elsheimer, l’artista fu anche originale interprete di squisite pitture da cavalletto, condotte con brio e notevole originalità inventiva, caratterizzate da impaginati scenografici digradanti verso ampi sfondati atmosferici prossimi all’alba e da figurette nervose, quasi scattanti. Dopo aver collaborato con alcuni dei più importanti pittori del tempo, Agostino Tassi morì a Roma nel 1644 (per una traccia biografica sul pittore si veda soprattutto E. Fumagalli, in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Venezia, 1989, p. 898; con bibliografia precedente).

Tipiche espressioni della fase matura dell’attività del Tassi, le due opere, che propongono anche i consueti tagli scenici con la zona piena a sinistra e il mare aperto a destra, mostrano affinità sintattiche e tipologiche stringenti con varie opere licenziate dal pittore in un tempo prossimo o di poco posteriore alla metà degli anni trenta del Seicento. Pertinente per tale collocazione cronologica risulta essenzialmente il confronto con le scene di marina in palazzo Doria Pamphilj, documentate al 1635, e la tela pressoché coeva con Scena costiera con marinai che tirano le reti in collezione privata a Milano (per queste opere si veda T. Pugliatti, Agostino Tassi tra conformismo e libertà, Roma, 1977, pp. 57, 67-69, 120 e tavv. 107-116 e 169). Affini a queste composizioni appaiono soprattutto l’impaginazione scenica, il dosaggio chiaro dei colori e la descrizione silente delle scene, denominate in gran parte da vascelli, navi e barche di vario formato e da figure disposte quasi programmaticamente in primissimo piano.

Le opere sono pubblicate sul libro “Pittura e scultura a Firenze” di Sandro Bellesi, ed. Polistampa, 2017, pag. 28.

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