Giuseppe Piamontini
Firenze, 1663 – 1744
Gesù bambino
San Giovanni battista bambino
Materiale: Marmo bianco
Misure: 75 x 40 x 29 cm
Scheda critica a cura del prof. sandro bellesi
Le due opere, in buono stato di conservazione, illustrano, separatamente, San Giovanni Battista bambino ed il piccolo Gesù seduti su ripiani rocciosi, dagli spigoli quasi taglienti accentuati dalle lunghe gradinature. Perfettamente conformato all’iconografia tradizionale San Giovanni Battista, Nunzio e Precursore di Cristo, è effigiato, in atteggiamento umile e quasi contemplativo, con una rozza tunica in pelle di capra o cammello in prossimità di un agnello, allusivo metaforicamente all’ “Agnus Dei”. Disposto in posa frontale e quasi prorompente compare, per contro, Gesù Bambino raffigurato con la mano sinistra sostenente una cocca del panneggio e la destra adagiata su una sfera, allusiva al globo terrestre. Nella sua accezione di “Salvator Mundi” e “Redentore”, il Figlio del Signore mostra empaticamente lo sguardo rivolto verso gli astanti ideali, per catturare quasi magneticamente la loro attenzione e trasmettere così il suo alto incarico divino.
La coppia di sculture, di provenienza ob antiquo oggi sconosciuta, risulta il frutto di un raffinato intreccio culturale, improntato essenzialmente sulle tendenze artistiche romane e toscane della seconda metà del Seicento. Deferenti essenzialmente ai nuovi orientamenti stilistici diffusi nell’Urbe dopo la metà del secolo nelle scuole del Bernini e dell’Algardi, le due statue, che trovano in effetti affinità stringenti con alcuni putti presenti in opere come la Sant’Agnese portata al martirio di Giovanni Buratti in Sant’Agnese in Agone o come il Monumento funebre a Luca Holstenius di Antonio Giorgetti in Santa Maria dell’Anima (per queste opere si veda Scultura del ‘600 a Roma, a cura di A Bacchi, Milano, 1996, figg. 242 e 425), risultano, a un’analisi critica e filologica circostanziata, interessanti realizzazioni fiorentine licenziate sulla scia delle prime sperimentazioni plastiche barocche diffuse con successo nel Granducato Toscano dopo l’istituzione a Roma dell’Accademia Medicea, fondata nel 1670 da Cosimo III e diretta dal pittore Ciro Ferri e dallo scultore Ercole Ferrara.
Tipicamente fiorentina è anche la scelta del tema iconografico, dedicato al primo presunto incontro tra Gesù e San Giovanni Battista bambino, meglio noto in area regionale come San Giovannino, diffuso con successo anche per motivi devozionali in terra toscana e decisamente insolito o del tutto inesistente in altre regioni italiane.
Sensibili ai primi indirizzi artistici fiorentini di eco romana, mutuati essenzialmente dalla conoscenza di opere legate agli inizi delle attività di Giovan Battista Foggini e di Carlo Marcellini (i primi artisti usciti dall’Accademia Medicea), le due sculture, riferibili ad un artista stilisticamente acerbo non ancora provvisto di un proprio e definitivo bagaglio culturale, possono riferirsi al primo tempo di attività di Giuseppe Piamontini, figura di indubbio interesse nel panteon scultoreo fiorentino in età tardo barocca. Nato a Firenze nel 1663, l’artista, dopo una prima formazione in ambito locale nell’entourage fogginiano, ebbe agio di completare i suoi studi nella Città Eterna, dove, documentato dal 1681 al 1686, studiò all’Accademia Medicea. Al rientro in patria, dette il via ad una serrata attività che lo portò, entro breve tempo, a raggiungere importanti traguardi professionali, attestati dalla quantità di commissioni legate alle famiglie patrizie locali più in vista e ai più rinomati edifici di culto cittadini. Protetto dal gran principe Ferdinando de’ Medici, per il quale realizzò alcune tra le sue più acclamate realizzazioni in bronzo ed in marmo, il Piamontini fu autore di opere di squisita fattura, oscillanti stilisticamente tra la grazia e l’armonia delle composizioni fiorentine di matrice fogginiana, le originali licenze classicheggianti di eco romana post algardiana e, non ultime, indagini edonistiche legate alla nouvelle vague francese. Punto di riferimento imprescindibile per lo studio della scultura toscana a cavallo tra Sei e Settecento, l’artista, carico di gloria, morì nella città natale nel 1744.
Per onorare degnamente la figura dell’artista fu eretto un monumento funebre nella chiesa di San Felice in Piazza, corredato da un busto marmoreo realizzato dal figlio Giovan Battista, erede della sua bottega (per il Piamontini si veda soprattutto J. Montagu, Some small sculptures by Giuseppe Piamontini, in “Antichità viva”, 1974, n. 3, pp. 3-21; S. Bellesi, l’antico e i virtuosismi tardo-barocchi nell’Opera di Giuseppe Piamontini, in “Paragone”, 1991, n. 497, pp. 21 – 38 e Repertorio della Scultura Fiorentina del Seicento e Settecento, a cura di G. Pratesi con il coordinamento scientifico di U. Schlegel e S. Bellesi, 3 voll., Torino, ad indicem).
A confortare per le due statue l’ipotesi attributiva rivolta all’attività iniziale di Giuseppe Piamontini ci soccorrono alcuni documenti, rintracciati nel fondo granducale presso l’Archivio di Stato di Firenze e pubblicati nel 1991 (S. Bellesi, L’antico…, op.cit., p. 34 nota 7). Da questi apprendiamo rispettivamente che il 30 luglio 1680 l’artista ottenne, attraverso il padre Andrea, il pagamento di venti scudi “per aver donato a Sua Altezza un bambino di marmo” e che il 30 aprile 1681 fu pagato, con altri venti scudi, “per un putto di marmo”. Relazionati per tradizione a un’unica opera, i due pagamenti si ritiene vadano associati a due opere distinte sulla traccia anche delle informazioni tratte dalla biografia dell’artista redatta da Francesco Maria Niccolò Gabburri, il quale ricorda che all’età di quattordici anni, ovvero diciassette come appare dai documenti, Giuseppe Piamontini aveva scolpito per la famiglia granducale “un gruppo di marmo” (F.M.N. Gabburri, vite di artisti, ms., 1719 – -1741, Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, Pal. E. B. 9.5, III, c. 1118). Il termine gruppo, indicativo di più di una figura, sembra legarsi bene alle due statue, nate, appunto, per costituire un gruppo. Indicativo è anche il termine “putto”, ripetuto due volte nei documenti, ben associabile alle figure dei due bambini divini scolpiti dall’artista.
Accettando l’identificazione del San Giovanni Battista Bambino e del Gesù Bambino con i due “putti” già conservati nelle raccolte medicee e oggi dispersi, pertinente per un’assegnazione al catalogo iniziale del Piamontini appaiono i riscontri stilistici. Tipiche di un artista ancora in via di formazione risultano la mancata uniformità di linguaggio della definizione delle figure, la resa dura di alcune parti e la mancanza di caratteri stilistici precisi. Databili con forte probabilità al 1680 e al 1681, prima del trasferimento per motivi di studio dell’artista nella Città Eterna, la coppia di opere attesta, come già indicato, un linguaggio raffinatamente eclettico, partecipe essenzialmente delle novità artistiche romane mutuate dalla conoscenza delle composizioni del Foggini e del Marcellini, primi divulgatori in terra toscana del linguaggio tardo-barocco diffuso nella capitale pontificia nella seconda metà del Seicento. Significativi dei legami tra le due sculture in esame e le composizioni del Foggini e del Piamontini risultano riscontri lessicali con immagini analoghe presenti in opere di questi maestri, come, ad esempio, il rilievo con l’Apoteosi di Sant’Andrea Corsini nella cappella Corsini in Santa Maria del Carmine, del 1679, e i putti sostenenti i medaglioni con Storie di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi nell’omonima chiesa fiorentina, del 1678 -1684 (per queste opere si veda Repertorio, op. cit., 1993, II, figg. 180 e 317 – 320). Pertinenti per l’assegnazione delle due opere agli esordi dell’attività del Piamontini risultano i confronti con opere giovanili, tutte in ogni caso databili dopo il soggiorno romano, come il San Giovanni Battista per il Battistero di Firenze e la terracotta con Atteone già presso la Heim Gallery a Londra: opera nella quale compaiono simili definizioni nelle pieghe dei panneggi e nell’ “aria di testa” delle figure (cfr. J. Montagu, Some small sculptures, …,1974, p. 4, fig. 2 e Repertorio …, op. cit., 1993, III, fig. 430).
Le sculture risultano pubblicate su I marmi di Giuseppe Piamontini, S. Bellesi, ed. Polistampa, 2008, pag. 14, figg. 1 – 2.