Daga mano sinistra a vela



Armaiolo napoletano

Napoli primo quarto del XVII Secolo

Materiale: Ferro forgiato

Misure: Lunghezza cm 46

scheda critica a cura di gherardo turchi

Antica ed assai rara daga mano sinistra a vela realizzata in una di quelle fiorenti botteghe di mastri armaioli attive nella città di Napoli nel corso del primo quarto del XVII secolo.

Con il termine daga si identificano quelle armi di tipo manesco comprese in una lunghezza tra i 40 ed i 70 cm realizzate a partire dal XVII secolo en suite con spade e strisce, quali armi di supporto in combattimento per impegnare la lama avversaria anche con l’impiego di un’ulteriore lama tenuta con la mano contraria rispetto a quella della spada, solitamente la sinistra. Di daghe nel corso dei secoli ne sono state realizzate di svariati tipi, riscontrabili nei volumi specializzati con vari nomi, solitamente dovuti alla loro forma o al luogo di produzione. Le daghe tardo cinquecentesche prevedevano un fornimento piuttosto semplice, realizzato con due bracci di parata ricurvi ed un anello, solitamente utilizzato quale tronca lama. Nel corso dei primi anni del XVII secolo, con l’assottigliarsi delle lame delle spade e con l’introduzione della guardia a tazza traforata anche la concezione di daga subì un sostanziale mutamento; tale rivoluzione ebbe i suoi natali nella città di Napoli dove, seguendo l’influenza della moda spagnola da cui derivarono tali migliorie,  grandi mastri spadai sostituirono gli anelli di guardia con lastre metalliche a forma triangolare sulle quali praticarono trafori e sbalzi di grande finezza e notevole pregio. Proprio la forma triangolare dette il nome a questo nuovo tipo di daghe, ricordando la forma delle vele montate sulle imbarcazioni che costantemente facevano da spola tra il Regno delle Due Sicilie e l’Impero spagnolo. Nascono così nel corso del primo quarto del XVII secolo le daghe mano sinistre a vela. I ponticelli assumono una forma dritta, le lame si assottigliano e vengono realizzate con sgusci che partono dal tallone sino ai tre quarti della lunghezza, le impugnature ed i pomi e le guardie divengono veri e propri terreni di conquista da parte di incisori e decoratori; tutto si predispone affinché questo tipo di daghe vengano realizzate non solo come semplici armi, ma vengano considerate veri e propri gioielli da sfoggiare e da portare con vanto al seguito. Spesso le valve di guardia vengono ulteriormente arricchite con delle controvalve interne, utili sia per proteggere ulteriormente la mano da eventuali colpi che per aumentare la superficie decorativa sulla quale continuare il lavoro di decoro, proseguendo spesso su queste i medesimi motivi già presenti sui pomi e sulle guardie esterne. Il decoro prosegue poi sui ponticelli, spesso traforati, sui quali i motivi tridimensionali trovano il massimo dell’espressione artistica.

A questo tipo di armamenti appartiene la daga qui in studio. Con lama a doppio filo per un terzo della sua lunghezza, l’arma presenta un tallone rinforzato al cui verso è presente un incavo per il pollice, solitamente utilizzato per una tenuta ancora più salda in fase di colpo d’incontro. Sempre la lama presenta un profondo scola sangue che corre, ambo i lati, per la prima metà come contraltare del filo, mentre il tallone presenta al raccordo due trafori, solitamente utilizzati quali troncalama nel caso di un eventuale colpo d’incontro. I fornimenti sono composti da due lunghi ponticelli traforati con decoro a girali vegetali, motivo questo che si ripete sulla grande valva a vela che copre la mano, come pure sulla contro vela presente all’interno, terminando sulla parte superiore del pomo, a creare un continuum decorativo che corre lungo tutta l’arma. L’impugnatura, infine, è realizzata in legno scolpito a torchon rivestito da un sottile filo di ferro intrecciato terminante, ambo i lati in due teste di turco realizzate anch’esse in filo di ferro.

L’arma si presenta in ottimo stato conservativo e rappresenta una superba aggiunta al catalogo di armi realizzate nel XVII secolo per quella schiera di nobili ed alto borghesi napoletani, amanti dell’arte e del bello anche nei campi di battaglia.

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